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Lo Stato si è fatto un’amante (fiscale): ora la prostituzione ha il suo codice ATECO

Era ora. Dopo anni passati a dire che “non è un lavoro come un altro”, lo Stato si è finalmente deciso: la prostituzione è un’attività economica. Con tanto di codice ATECO. Si chiama 96.09.30, ma su OnlyFans la trovate come “la fiscalista col frustino”.

Non si tratta (ancora) di una legalizzazione vera e propria – il mestiere resta nel limbo tra il “non si può fare” e il “si fa da sempre” – ma ora il Fisco vuole la sua parte. La decima, se siete antichi. Il 22% se siete in regime ordinario.

La svolta arriva grazie alle pressioni delle stesse lavoratrici e lavoratori del sesso. Più responsabili di qualsiasi governo degli ultimi trent’anni, si sono presentati con i documenti in regola e hanno chiesto: “Possiamo pagare le tasse come tutti?” E lo Stato, dopo aver fatto finta di non sentirle per mezzo secolo, ha risposto: “Certo, ma prima passate dal commercialista. Oppure dal confessore.”

Il nuovo codice fiscale ufficializza un mondo che non ha mai smesso di esistere. Una galassia da miliardi di euro che ha alimentato la politica, la cronaca, l’editoria, i talk show, e pure qualche matrimonio ben riuscito. Ma che adesso può finalmente emettere fattura.

Chi l’avrebbe mai detto? In un Paese dove la parola “escort” è stata per anni sinonimo di scandalo, oggi diventa sinonimo di “contribuente”. Il che, a ben vedere, è forse il vero scandalo. Perché mentre i rider si spezzano la schiena a partita IVA per 3,50 euro a consegna, almeno ora chi lavora con il corpo potrà dire: “Ho un business plan.”

Ovviamente non mancano le reazioni indignate.

Qualcuno grida allo sfacelo morale. Qualcun altro si chiede cosa dirà il Papa. Altri ancora, più pratici, vogliono sapere se si può scaricare il motel o se è considerato fringe benefit.

Il futuro?

Con questa logica, possiamo aspettarci a breve:

– L’ENPALS per dominatrici;

– La cassa previdenziale delle sugar baby freelance;

– Il CAF delle pornostar, con sede a Rocco City.

Nel frattempo, le professioniste serie fanno già il check della PEC, aggiornano LinkedIn e si preparano all’arrivo dell’incubo peggiore: il controllo incrociato dell’Agenzia delle Entrate.

Perché vendere il proprio corpo, in Italia, è ancora tollerato.

Ma evadere l’IVA, mai

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