Alberto Stasi ha ottenuto la semilibertà. A dieci anni dalla condanna definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi – 16 anni inflitti nel 2015 – il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto l’istanza presentata dai suoi legali Giada Bocellari e Antonio de Rensis, autorizzandolo a lasciare il carcere di Bollate durante il giorno non solo per lavorare, ma anche per altre attività legate al reinserimento sociale. La sera, però, dovrà rientrare.
La decisione nonostante il parere della Procura
Una decisione che arriva nonostante la Procura generale avesse chiesto il rigetto dell’istanza. La sostituta pg Valeria Marino aveva infatti sollevato un’unica “nota negativa” nel percorso di Stasi: l’intervista rilasciata a Le Iene il 22 marzo scorso, durante un permesso premio, senza che fosse stata formalmente autorizzata. Ma, come hanno poi precisato sia la difesa che la direzione del carcere, non è stata violata alcuna prescrizione.
«L’intervista è avvenuta durante un permesso regolarmente concesso e non ha richiesto alcuna autorizzazione specifica», ha spiegato l’avvocata Giada Bocellari. «Anche i toni erano pacati. I giudici lo hanno riconosciuto nel provvedimento, insieme al fatto che non esiste alcun divieto per Stasi di parlare con la stampa».
Il Tribunale – composto dalle giudici Federica Gentile e Maria Paola Caffarena, insieme a due esperti – ha dunque ritenuto che Stasi possedesse tutti i requisiti per accedere alla misura. «È giusto mettere un punto – ha aggiunto la legale – anche rispetto alle polemiche nate dalle dichiarazioni del procuratore generale, che sono state oggetto di strumentalizzazione. Il nostro assistito aveva diritto alla semilibertà, e così è stato».
Stasi, che dal 2023 lavorava già all’esterno come contabile in un’azienda milanese, adesso potrà usufruire di maggiori libertà durante la giornata. Resta, però, in regime detentivo: dorme a Bollate e gli orari verranno regolati con apposite prescrizioni.
All’orizzonte, però, si intravedono già nuove possibilità: tra pochi mesi potrà presentare richiesta per una misura alternativa più ampia, l’affidamento in prova ai servizi sociali. In quel caso, niente più carcere: la pena residua – circa quattro anni – verrebbe scontata con lavori socialmente utili. Con la liberazione anticipata, la fine della pena potrebbe arrivare già nel 2028.