Graziano Mesina è morto. Con lui se ne va uno dei nomi più noti – e controversi – della storia criminale italiana del dopoguerra. Aveva 83 anni ed è deceduto oggi, 12 aprile, nel reparto oncologico dell’ospedale San Paolo di Milano. Soltanto ieri il Tribunale di Sorveglianza del capoluogo lombardo aveva accolto l’istanza di differimento pena per gravi motivi di salute, firmando il suo ritorno in libertà dopo una vita spesa tra latitanze, evasioni, arresti e condanne.
Ecco chi era
Il suo nome era sinonimo di banditismo sardo. Di sequestri, fughe clamorose, processi infiniti e leggende che, col tempo, hanno scavalcato anche le sentenze. Era conosciuto da tutti come “Grazianeddu”, il superlatitante di Orgosolo che per decenni ha incarnato l’archetipo del bandito romantico e imprendibile, salvo poi finire di nuovo – e ancora – nelle maglie della giustizia.
Mesina era in carcere dal 2021. Aveva trascorso due anni nel penitenziario di Opera, dove stava scontando una condanna a 30 anni, ridotta poi a 24, per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Prima ancora, nel 2019, era tornato latitante per un anno e mezzo, fino alla sua cattura a Desulo, in provincia di Nuoro.
Già durante la detenzione, le sue condizioni di salute erano apparse gravi. Le avvocate Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier, che lo assistevano, avevano presentato dal marzo 2023 sette richieste di differimento della pena. L’ultima, accolta il giorno prima del decesso, spiegava che l’ex primula rossa del banditismo sardo era affetto da una forma oncologica “in fase terminale”, non camminava più, non si alimentava, faticava a parlare e a riconoscere le persone. “Volevamo riportarlo in Sardegna, dove avrebbe potuto almeno ricevere l’affetto dei suoi familiari”, avevano dichiarato le legali. Ma il tempo non ha concesso alcuna tregua.
Mesina era nato a Orgosolo nel 1942. La sua prima condanna risale al 1962. Poi evasioni spettacolari, processi mediatici, condanne e ritorni in carcere. Nel 1992 ottenne la grazia dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, ma nel 2004 fu nuovamente arrestato.
Con la sua morte si chiude un’epoca. La sua figura, nel bene e nel male, ha segnato la storia criminale italiana, alimentando dibattiti, romanzamenti, film e scontri politici. Per molti è rimasto un simbolo controverso: tra mito popolare e realtà giudiziaria. L’ultimo atto si è consumato in silenzio, in una stanza d’ospedale, lontano dai riflettori.