Gli americani si aspettavano di vedere code di europei con le macchine fotografiche a Times Square e cappuccini ordinati con accento francese a Miami. Invece, i numeri raccontano un’altra storia: l’Europa si sta stufando degli Stati Uniti.
Secondo i dati dell’International Trade Administration analizzati dal Financial Times, a marzo 2025 i viaggiatori provenienti dall’Europa occidentale che hanno passato almeno una notte negli USA sono calati del 17% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. E in certi Paesi, come Irlanda, Norvegia e Germania, la fuga è ancora più netta: -20%.
Colpa di chi? Di chi fa i controlli in dogana, ma anche di chi li comanda.
La nuova era Trump – fatta di tensioni politiche, muscoli economici e parole al vetriolo – ha reso il sogno americano un po’ meno sognabile. L’immagine di una frontiera ostile, di uno Stato meno aperto e più sorvegliante, ha spento la voglia di partire.
Se prima viaggiare negli USA era un rito d’iniziazione per ogni ventenne con zaino Eastpak e desideri di libertà, oggi è un labirinto di visti, timori e sguardi sospettosi alla dogana. Il messaggio è chiaro: “Welcome” non è più la prima parola che leggi all’aeroporto.
E allora l’Europa gira il timone. Preferisce restare dentro Schengen, scoprire i Balcani, magari volare in Asia.
Perché l’America – quella del cinema, delle highways e dei cheeseburger – è ancora là, ma per un numero crescente di europei è diventata una destinazione troppo complicata, troppo cupa, troppo trumpiana.