Se oggi il corpo di Liliana Resinovich non è stato cremato, se il caso non è stato chiuso con l’archiviazione per suicidio e se l’attenzione mediatica è ancora alta, lo si deve soprattutto a lui: Sergio Resinovich, il fratello della donna trovata morta nel 2022 a Trieste, rimasto da sempre in trincea per chiedere giustizia. E ora che qualcosa si muove, dopo la nuova autopsia che ha riacceso l’inchiesta, Sergio lo dice chiaramente al Messaggero: “Non sono mai contento del male altrui, ma auspicavo una svolta del genere”.
Ecco il ruolo di Sebastian Visintin
Il suo bersaglio è sempre stato uno: Sebastian Visintin, marito di Liliana. “Ho chiesto fin dall’inizio che si indagasse su di lui – spiega – soprattutto per le sue affermazioni contraddittorie, per il ritardo con cui ha denunciato la scomparsa, per i depistaggi. Ma soprattutto perché secondo me aveva un movente: non voleva perdere il controllo su di lei, né la stabilità economica che gli garantiva il rapporto”.
Sergio Resinovich insiste su un punto: “Liliana se ne voleva andare. Voleva ricominciare una vita con Claudio Sterpin”. Un cambiamento che, secondo lui, avrebbe messo Visintin in difficoltà. E ricorda un episodio preciso, avvenuto tre giorni dopo la sparizione: “Mi ha telefonato proponendomi di vederci nel suo laboratorio di coltelli. Salgo in macchina e lui mi dice: ‘Prendo 560 euro di pensione al mese, senza Lilly non riesco a vivere’. Ma io gli ho risposto: ‘Prima della questione economica, preoccupiamoci di ciò che può essere successo a mia sorella’”.
Quella sera Sergio sente per la prima volta Claudio Sterpin. “Il giorno dopo sono andato a casa sua e mi ha raccontato della loro storia”. Una storia d’amore rimasta sullo sfondo, finché tutto è diventato tragedia. E che oggi potrebbe diventare, nelle mani degli inquirenti, il nodo centrale per riscrivere il finale di un caso che – almeno secondo il fratello di Liliana – non ha mai avuto nulla del suicidio.