Home CRONACA Vasco, Ambra, Zero, la Finanza e un’udienza dal Papa: Renga racconta tutto...

Vasco, Ambra, Zero, la Finanza e un’udienza dal Papa: Renga racconta tutto (e ride con sua figlia: “Papà, non voglio diventare come te”)

Francesco Renga non è mai stato uno che si prende troppo sul serio. Neanche quando Vasco Rossi gli si avvicina, a Sanremo 2005, e gli dice: “Tu sei troppo bello”. Lui sorride, abbozza, e oggi – mentre lo racconta al Corriere della Sera – ammette: “Questa storia del sex-symbol mi perseguita. So di saperci fare con le persone, forse perché ho un bel sorriso, mille argomenti, sono divertente… ma alla bellezza non avevo mai pensato”. I ricci, quelli sì, aiutano. “Mi chiedo come facciano a essere ancora scuri. Credo sia genetica. Li porto lunghi dai tempi dei Timoria: era la regola. E le dico una cosa: meno li tocchi, meglio è”.

Renga e Sanremo

Lo dice anche al figlio Leonardo, che non ci crede. “I capelli vanno lavati al massimo due volte a settimana con ottimi prodotti. Al mattino basta bagnarli un po’, sistemarli con le mani. Fine”. E mentre parla di ricci e routine, riaffiora tutto: la sua voce che conquistava ragazze già ai tempi del liceo, il primo concorso a Brescia, i Modus Vivendi, l’incontro con Omar Pedrini e la nascita dei Timoria. “Eravamo gli alieni in una città piena di paninari. Noi con le giacche di pelle dei nostri padri. E io, già allora, sentivo che non omologarmi mi rendeva speciale”.

Una sensazione che ha pagato con l’isolamento alle feste (“non ci invitavano, ma ci dispiaceva solo per le ragazze carine”), con l’assenza dei genitori (“mia madre era morta, mio padre tornato in Sardegna”), e con una casa grande e vuota da mantenere da solo. I Timoria diventano famiglia, la musica rifugio. Poi si sgretola tutto. E Renga si reinventa. Non è una parola da influencer, è proprio quello che ha fatto.

Nel 2005 a Sanremo ci va quasi per caso, su invito di Bonolis. Sul palco c’è anche Ambra Angiolini, sua compagna di allora. Era appena nata Jolanda, lui si sentiva padre, figlio, uomo, tutto insieme. Canta “Angelo” e vince. “Non me l’aspettavo. Quando D’Alessio mi ha sistemato la giacca dietro le quinte ho capito. ‘Hai vinto’, mi ha detto. E io: ‘Che cazzo dici Gigi?’”.

Quella maternità, quell’assenza materna che ancora oggi lo segna: “Mia madre l’ho persa a 19 anni. Il mio rapporto con le donne nasce da lì. Ho sempre visto quella morte come un abbandono. E tutto quello che scrivo, che faccio, ne è influenzato”.

Poi il rapporto con Ambra

Con Ambra – lo racconta senza forzature – “eravamo due ragazzini. Io non avevo mai visto Non è la Rai, quando mi dissero che mi intervistava Ambra pensai: chi è? Invece ho trovato una donna brillante, di una bellezza e intelligenza devastante. E poi c’era la romanità, che per un bresciano è una roba che ti fa impazzire. Ricordo la prima volta a casa sua: il padre mi apre a torso nudo, con un crocifisso al collo, parlava a voce così bassa che non capivo niente. E a cena non smetteva di riempirmi il bicchiere”.

Di quella vita, oggi Renga conserva gli affetti più sinceri. Nek è uno di questi. “Mi porta le verdure dal suo orto, le salse fatte in casa. Siamo diventati fratelli, condividiamo tutto: valori, figlie, vacanze”. E Laura Pausini? “Mi ha fatto un regalo inaspettato. Le ho portato un disco in spagnolo, volevo solo che mi dicesse che la pronuncia faceva schifo. Invece mi ha invitato ad aprire il suo concerto in Messico. Senza doverlo fare, solo per generosità”.

Dietro il palco, però, c’è anche altro. Un passato da sorcino (“Zero è il mio mito, conosco tutte le canzoni fino a Artide e Antartide”), un futuro da ufficiale mai realizzato (“Papà mi voleva all’Accademia, ho fatto l’esame fisico solo per accontentarlo, ma poi gli ho detto la verità”), una cucina che profuma di famiglia (“Ho imparato da lui, cucinavo io anche quando Ambra era a casa”), e due figli che gli tengono testa. “Jolanda è cattivissima, mi corregge in studio. Studia comunicazione, vive con la mamma. Leonardo, invece, è più orso, vive con me. Ha 18 anni e mi fa la morale: ‘Papà, io non bevo. Non voglio diventare come te’”.

E poi ci sono le cornamuse. “Quando ho incontrato Papa Wojtyla, ho sentito nella testa il suono delle cornamuse. Giuro. Era la sua energia”. E c’è anche Renato, che lo trucca prima del concerto allo stadio Bentegodi: “A ci’, stasera te trucco io”.

Francesco Renga oggi ha 56 anni. Ma l’inquietudine, la voglia di raccontare, la fragilità da domare, sono sempre quelle. “Ho capito che non posso fare altro. Raccontare le cose sul palco è un dono. E rinunciare non era previsto”.

Articolo precedenteCrosetto, il realista della difesa: la guerra si ripudia, ma va anche prevenuta con un approccio pratico. Sulla Russia: “Una postura aggressiva pensata per durare”.
Articolo successivoAboubakar Soumahoro rilancia con il “partito islamico”: proposta di festa nazionale per la fine del Ramadan e candidatura alle comunali di Monfalcone. Il tentativo disperato di un’Italia allo sbando