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Daniela Santanchè, i lavori nella villa del figlio e i conti di Visibilia: “Mai pagati. Una faccia tosta mai vista”

Altro che villeggiatura a Marina di Pietrasanta. Attorno alla villa toscana di Lorenzo Mazzaro, figlio della ministra del Turismo Daniela Santanchè, oggi si agitano le onde di un nuovo caso giudiziario, politico ed economico. Secondo quanto rivelato da Il Fatto Quotidiano, parte dei lavori nella dimora di Forte dei Marmi – per un totale che sfiora i 200mila euro – sarebbe stata addebitata alla Visibilia Srl, la società dell’ex senatrice di Forza Italia oggi in liquidazione giudiziale. A parlarne apertamente è il titolare della ditta che eseguì i lavori, Michele Mascio, che non usa mezzi termini: “Una faccia tosta mai vista”.

Caos Santanchè

I documenti citati dal Fatto raccontano di un preventivo dettagliato, risalente a novembre 2014, redatto dalla Square Garden di Cassano Magnago. Nella mail del 5 novembre si legge: “La dottoressa Santanchè e il signor Mascio hanno preso precisi accordi per lo scambio merce del valore delle fatture Visibilia emesse in capo alla Square Garden”. In parole semplici: una parte del lavoro da saldare, circa 70mila euro, sarebbe dovuta essere compensata con pubblicità per la ditta sul mensile “Ville e Giardini”, edito da Visibilia. Altri 30mila euro sarebbero dovuti arrivare cash. Totale? Circa 100mila euro di “valore aggiunto” su cui, però, secondo Mascio, non è mai stato visto un centesimo.

Il costo complessivo dei lavori – che includeva pedana, gradoni, pensiline, tende, tre portoni, vitto e alloggio degli operai – toccava i 199.872 euro. Due acconti furono effettivamente versati: uno di 55mila euro dal figlio della ministra, l’altro da 21.360 euro. Il resto? Doveva metterlo Visibilia. Ma, secondo la ricostruzione, non è mai arrivato. E il debito è rimasto registrato in contabilità fino al 2022, per poi sparire nel nulla.

“Non ho più visto un soldo, lei è sparita”, racconta oggi Mascio al Fatto. “Mi ha chiesto di ristrutturare completamente la villa: dentro e fuori. Era piccola, insignificante, ma in una posizione pazzesca nel Parco. L’abbiamo trasformata noi. Veranda, portici, serramenti, pavimenti… tutto. Il valore dell’immobile è schizzato”. Ma, dice, “non siamo stati pagati. E quando le feci notare i mancati saldi, mi propose di allargare la veranda a Milano. Un delirio”.

Cosa non torna

Una versione dei fatti che apre scenari potenzialmente delicati. Dall’addebito di spese familiari – che nulla avrebbero a che fare con l’oggetto sociale della società – potrebbero emergere, in ambito civilistico, ipotesi come abuso di potere, conflitto d’interessi, violazione dei doveri degli amministratori e distrazione di fondi. Sul versante penale, il nodo resta la prescrizione.

Ma l’aspetto più amaro, secondo Mascio, è umano: “Per sette-otto anni ho lavorato a casa sua, poi ho capito che non gliene frega di niente e di nessuno. Passa sopra a chiunque”. L’ultima volta che l’ha vista? “In via della Spiga. Nulla è cambiato. Sempre la stessa arroganza”.

L’intero impianto, se confermato, comporrebbe un ulteriore tassello nel mosaico di accuse e sospetti che da mesi circondano la figura della ministra Santanchè. Una vicenda che intreccia affari di famiglia, conti aziendali, denunce mai partite (“Chi fa causa a un ministro?”, si chiede Mascio) e quella sensazione di impunità diffusa che non smette di accompagnare certi personaggi pubblici. A pagare, ancora una volta, sono i fornitori lasciati con un pugno di fatture e nessuna risposta.

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