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Gad Lerner lascia Il Fatto Quotidiano: troppa indulgenza mostrata di fronte alle destre nazionaliste e fascistoidi

C’è chi lascia sbattendo la porta. E chi, come Gad Lerner, semplicemente la chiude con discrezione. Dopo cinque anni di collaborazione, il giornalista ha salutato Il Fatto Quotidiano con una lettera elegante, priva di strappi o rancori, ringraziando la redazione per la libertà editoriale concessagli.

La motivazione, dichiarata con garbo, riguarda divergenze di visione sui contenuti. Nessuna polemica, nessun j’accuse. Solo la constatazione, pacata, che le strade editoriali possono separarsi senza che ci sia bisogno di fare il processo alle intenzioni.

È raro, oggi, assistere a un gesto del genere. In un panorama mediatico dominato dagli strappi teatrali, dai post livorosi e dalle polemiche programmate per la prima serata, un addio sussurrato assume un significato più profondo. Perché non serve gridare per farsi sentire. A volte è proprio chi non alza la voce a indicare che qualcosa, nel sottofondo, non suona più come prima.

Noi, da questa parte dello specchio, rispettiamo la scelta di Lerner. Un commiato senza clamore, che lascia parlare il silenzio. Un silenzio che, in certi ambienti, può ancora valere quanto mille editoriali.

Quindi dopo cinque anni di collaborazione, sceglie di non essere più la voce dissonante nel coro di Travaglio & co. La motivazione? Troppa indulgenza verso fascismi posticci, trumpismi da discount e putinismi in saldo. Le sue parole: «Voglio ringraziare i colleghi della redazione per questi cinque anni trascorsi insieme. Negli ultimi tempi ho sentito crescere la mia distanza dalla linea del giornale, soprattutto per l’indulgenza – a mio parere – mostrata di fronte all’ascesa delle destre nazionaliste e fascistoidi: da Trump a Putin fino a casa nostra. Ciò non diminuisce di una virgola il mio apprezzamento per l’indipendenza del giornale e per la sua capacità di dare notizie scomode. Ho ringraziato il direttore per la libertà di cui ho goduto e vi saluto tutti con affetto».

Lerner, va detto, ha un fiuto da cane da tartufo per i cambi di vento: già in passato aveva lasciato La Repubblica per questioni di linea editoriale. Ma stavolta non è solo una divergenza: è un rigetto. Di quelli che non si curano con la tachipirina.

Il Fatto non ha (ancora) replicato. Forse perché non si replica a una resa. O forse perché sa che le firme vanno e vengono, ma l’identità resta. Anche quando si sbiadisce.

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