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L’outsider cinese che ha hackerato il sogno americano grazie a prodotti “quasi” di marca e senza intermediari

Mentre i grandi colossi dell’e-commerce litigano tra IPO, abbonamenti Prime e spedizioni lampo, un piccolo gigante silenzioso si fa strada nelle tasche (digitali) degli americani: si chiama DHgate, ha passaporto cinese, e negli ultimi mesi ha scalato la classifica delle app più scaricate negli Stati Uniti. Subito dopo ChatGPT. Non Amazon. Non Shein. DHgate.

Nato nel 2004 da un’intuizione di Diane Wang – ex Microsoft, ex Cisco, ex qualunque cosa si limiti alla mediocrità – il portale mette in contatto diretto i produttori cinesi con i consumatori globali. Zero intermediari. Prezzi da mercatino di provincia. Gamma prodotti che fa impallidire anche il più esasperato catalogo di Temu.

Ma la vera genialata? Arriva da un uomo che non c’entra nulla con l’app, ma ha dato una spinta colossale al suo successo: Donald Trump. Quando da presidente decise di alzare i dazi su buona parte delle importazioni cinesi, il suo obiettivo era frenare il dragone. Il risultato? Ha creato una scorciatoia che gli americani hanno afferrato a mani basse: bypassare Amazon e rivolgersi direttamente ai venditori cinesi.

DHgate è diventato così un supermercato dell’astuzia: abiti, tecnologia, cosmetici, cover, prodotti “quasi” di marca, e tutta la galassia dell’“originale identico ma senza bollino”. Il tutto alimentato da TikTok, dove orde di creator spiegano come acquistare lussi a prezzo Light. In barba a Gucci e alle dogane.

Certo, il rischio è dietro l’angolo: prodotti contraffatti, qualità altalenante, spedizioni che sembrano più un esperimento quantistico che un servizio logistico. Ma il consumatore medio oggi non cerca la perfezione: cerca l’inganno sostenibile: il regno del “valore percepito”. Un iPhone che somiglia a un iPhone. Un profumo che “pare proprio quello di Dior”. Basta che arrivi. Prima o poi.

La morale? DHgate non è solo un’alternativa low cost. È il sintomo di un sistema che si finge patriottico, ma clicca dove costa meno. È l’effetto collaterale di una politica commerciale muscolare che ha finito per rafforzare proprio ciò che voleva combattere. È l’economia dell’astuzia che batte quella della fedeltà.

DHgate non ha fatto altro che offrire la scorciatoia. Gli americani – come chiunque, del resto – ci si sono infilati dentro. A tutta velocità.

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