Al TIME100 Summit – il palcoscenico dove Time Magazine ogni anno raduna quelli che, nel bene o nel male, stanno cambiando il mondo – si presenta Ted Sarandos, classe 1964, uomo che ha iniziato la carriera nei negozi di noleggio VHS e l’ha chiusa (per ora) riscrivendo l’industria dell’intrattenimento globale. Oggi è il co-CEO di Netflix, il generale silenzioso che ha portato l’epopea cinematografica dal grande schermo al piccolo schermo di casa. Se Hollywood respira ancora, forse è perché lui ha capito prima degli altri che il futuro sarebbe stato on demand.
Sarandos sale sul palco e non fa sconti: Netflix ha “salvato Hollywood”.
Lo dice senza chiedere il permesso, senza temere l’ira dei puristi.
Mentre i nostalgici piangono la morte delle sale cinematografiche, lui spiega con calma che il mondo non è cambiato per colpa di Netflix. È cambiato perché la gente ha smesso di voler uscire di casa per vedere un film, pagare un biglietto spropositato e sedersi dietro a uno che mastica popcorn come se stesse arando un campo. E così Netflix, mentre cambiava le regole del gioco, ha anche allargato i confini dei gusti popolari. Dalla Corea al Brasile, dall’India all’Europa, il pubblico globale ha scoperto nuove storie e nuovi linguaggi.
Come racconta Sarandos, non si tratta solo di offrire contenuti: si tratta di creare eventi culturali, come la performance ispirata a Bridgerton, che ha fatto rimbalzare un quartetto d’archi nella cultura pop digitale.
Ma il vero veleno, quello che molti fingono di non ascoltare, arriva quando Sarandos tocca il nervo scoperto: l’intrattenimento, a livello internazionale, continua a essere trattato come un passatempo frivolo, mentre invece è una delle armi più potenti del soft power contemporaneo. I dazi, avverte, possono compromettere la distribuzione globale.
E quando la Cina limita il numero di film americani, non si limita a difendere il proprio mercato: colpisce direttamente l’influenza culturale occidentale.
E Shonda Rhimes (produttrice di Grey’s Anatomy), che di narrazioni vincenti se ne intende, lo descrive come “coraggiosamente intelligente, innovativo, sincero”.Non un rivoluzionario da copertina, ma uno stratega che ha ridisegnato la mappa del potere culturale mondiale senza sparare un colpo.
Hollywood oggi non muore di dazi o di pandemia.Muore ogni volta che si dimentica che il pubblico non vuole solo vedere un film: vuole viverlo. E Netflix, grazie a Sarandos, glielo ha consegnato nel palmo della mano.