Mentre il mondo si ferma — o almeno finge di fermarsi — per la morte di un Papa, in Italia si trova comunque il modo di litigare. Non su grandi idee, non su visioni di futuro o su eredità spirituali. No. Qui si discute di uno striscione davanti a una panetteria.
Succede ad Ascoli Piceno, dove Lorenza Roiati, proprietaria de L’Assalto ai forni, come ogni anno ha esposto il suo messaggio antifascista: “25 aprile buono come il pane, bello come l’antifascismo”.
Un gesto semplice, quasi tenero nella sua ritualità.
Ma il paese che si infiamma per una sciarpa sbagliata allo stadio non poteva certo lasciarselo scappare.
Così arrivano prima gli agenti della Questura, poi quelli della Polizia Locale.
Non per fermare un reato, sia chiaro. Per verificare uno striscione.
La denuncia della fornaia esplode sui social, tra indignazioni preconfezionate e solidarietà in formato story.
E come ogni indignazione italiana che si rispetti, non poteva mancare la controffensiva notturna: due striscioni da ultrà frustrati, uno a evocare i forni crematori, l’altro a pescare nel peggiore repertorio di insulti da bar. Nemmeno li riportiamo.
“Non ho paura”, dice Lorenza, cresciuta a pane, partigiani e memoria storica.
E come darle torto? Se devi aver paura di qualcuno, sicuramente non di chi si sveglia alle tre di notte per scrivere su un lenzuolo.
La verità è che tutto questo – lo striscione, il controllo, la rappresaglia notturna – non è altro che il riflesso stanco di un Paese che non riesce più a distinguere una battaglia vera da una battaglia sui social.
Ogni settimana una polemica, ogni settimana una nuova guerra civile da tastiera.
Si combatte con meme, si conquista terreno con hashtag, si vince dimenticandosi tutto nel giro di 48 ore.
Un eterno presente fatto di minchiate gonfiate a dismisura, destinate a sgonfiarsi ancora più velocemente.
Oggi la vittima di turno è la fornaia antifascista, domani sarà qualcuno che ha detto una parola di troppo al concerto del primo maggio?
E intanto il paese reale, quello che dovrebbe preoccuparsi di stipendi, case, scuola, libertà vere, langue sotto la polvere della polemica successiva.
Muoiono i Papi, muore il buon senso. Ma in Italia la guerra più feroce resta sempre la stessa: quella per avere ragione cinque minuti in più dell’avversario, prima che arrivi il prossimo trending topic a ricordarci quanto siamo diventati irrilevanti.